E’ l’ultimo scritto lasciato dall’autore torinese, composto durante il suo stato di parziale cecità. Carlo Levi, infatti, alla fine del 1972 fu colpito da un distacco della retina che gli causò una temporanea cecità e alcuni interventi chirurgici agli occhi. E’ da questa drammatica esperienza che nasce Quaderno a cancelli, pubblicato postumo nel 1979, che Giovanni Russo definisce il “libro segreto di Carlo Levi”. Si tratta, infatti, di una sorta di diario-autobiografico in cui i pensieri, le paure, gli ideali dell’autore vengono espressi; Levi impara non solo ad accettare, ma a riconoscere il tempo della malattia come un tempo speciale e privilegiato tanto da scrivere che “La storia del mondo è iscritta nella malattia, assai meglio e più chiaramente e profondamente incisa che nella storia delle idee e delle istituzioni”. Il titolo del libro si può far risalire alla speciale intelaiatura di fili di ferro, una specie di quaderno di legno a cerniera, munito di cordicelle tese tra le due sponde costruito per guidare la mano dello scrittore. Ma quasi certamente l’espressione “quaderno a cancelli” risale ad una poesia di Rocco Scotellaro del 1952: “Questo piccolo quaderno a cancelli / l’ho scritto per te di cui non parlo / per i tuoi occhi chiusi e i tuoi capelli / di cera, il naso che non può fiutarlo”. Il “quaderno a cancelli” del poeta di Tricarico è probabilmente il quaderno delle classi elementari di un tempo in cui i “cancelli” di prima elementare con barre orizzontali e verticali si trasformano in binari, perdendo quindi le barre verticali e lasciando solo quelle orizzontali così da guidare la scrittura.