«La dolente bellezza di Matera». Levi – i Sassi e la città di Matera
Questa Mostra/Racconto vuole mettere in luce il particolare rapporto culturale e politico che Levi ha avuto con Matera, una città che ha vissuto, dal 2° dopoguerra del ‘900, uno straordinario processo di rivalutazione culturale, e di crescita civile, socio-economica, urbana.
Processo avviato, nel 1945, proprio da Carlo Levi con il suo “Cristo si è fermato a Eboli”; un testo scritto nel rifugio fiorentino di Piazza Pitti (ospite di Anna Maria Ichino) tra il ’43 e ’44, e pubblicato da Einaudi nel ’45, quando erano ancora fumanti le macerie di quell’atroce conflitto.

Paesaggio, s.d. Fondo fotografico Carlo Levi, Roma


- La “scoperta” di Matera, nell’ambito dell’esperienza del “Confino”: la descrizione nel «Cristo si è fermato a Eboli»
- Carlo Levi e l’impegno politico
- Il “racconto” della Basilicata a 100 anni dall’Unità d’Italia
- L’Impegno parlamentare per la salvaguardia e rivitalizzazione dei Sassi di Matera
- L’ultimo viaggio a Matera (dicembre 1974)
- MATERA: l’eredità leviana
Appendice: Carlo Levi «racconta» il suo rapporto con la Basilicata



«Per me, fra mille luoghi dell’Italia meridionale, Matera ha rappresentato la prima esperienza, la più vera, la più completa, il primo punto di contatto reale con i problemi della vita del popolo del Mezzogiorno.»
C. Levi, agosto 1959



Un’esperienza che gli entra nel sangue, nel cervello; per cui, la sua descrizione delle comunità contadine del Mezzogiorno, la sua immedesimazione nella loro cultura, nella loro storia, nella loro rassegnazione dell’essere “fuori della storia”, fuori dal cammino di Cristo, sono talmente sconvolgenti e toccanti, che gli assicureranno un grande successo letterario.


Fondo fotografico Carlo Levi, Roma

E come tale, era per Levi possibile “esempio” di intervento riparatore da parte della nuova stagione di libertà (conquistata con il sangue della Resistenza), e della nuova stagione di politiche riformiste che l’Italia Repubblicana si accingeva ad avviare.


(tratta da L. Rota, Matera. Storia di una città, p.39)

In quel precipizio è Matera.
La forma di quel burrone era strana; come quella di due mezzi imbuti affiancati separati da un piccolo sperone e riuniti in basso in un apice comune....
Questi coni rovesciati, questi imbuti, si chiamano Sassi: Sasso Caveoso e Sasso Barisano. Hanno la forma con cui, a scuola, immaginavamo l’inferno di Dante.»



«La stradetta, strettissima, che scendeva serpeggiando, passava sui tetti delle case, se cosí quelle si possono chiamare. Sono grotte scavate nella parete di argilla indurita del burrone: ognuna di esse ha sul davanti una facciata; alcune sono anche belle, con qualche modesto ornato settecentesco.»



«La forma di quel burrone era strana: come quella di due mezzi imbuti affiancati, separati da un piccolo sperone e riuniti in basso da un apice comune, dove si vedeva, di lassú, una chiesa bianca, Santa Maria de Idris, che pareva ficcata nella terra.»






Io guardavo passando, e vedevo l’interno delle grotte, che non prendono aria e luce se non dalla porta. Alcune non hanno neppure quella: si entra dall’alto, attraverso botole e scalette.
Dentro quei buchi neri, dalle pareti di terra, vedevo i letti, le misere suppellettili, i cenci stesi.
Sul pavimento stavano sdraiati i cani, le pecore, le capre, i maiali.
Ogni famiglia, ha in genere, una sola di quelle grotte per tutta abitazione e ci dormono tutti insieme, uomini, donne, bambini e bestie.
Così vivono ventimila persone.”



La “denuncia” contenuta nel “Cristo“ deflagrò, con notevoli ripercussioni nella cultura e nella politica dell’Italia Repubblicana, che allora si stava costruendo.
Tema politico-sociale non nuovo, già affrontato nel 1910 Francesco Saverio Nitti, che su Matera scriveva:
«Caratteristiche sono le case dei contadini di Matera, scavate nel tufo a guisa di grotte, quasi sempre ad un solo piano terreno, non rare volte addossate o affondate contro terra, quindi umidissime. Nello stesso ambiente trovasi d'ordinario una sconnessa concimaia. Non abbiamo durante il nostro viaggio veduto spettacolo più orribile delle abitazioni dei contadini di Matera: scavate nel masso vi sono parecchie centinaia di case, di uno, di due, di tre vani. Queste case sovrapposte spesso le une alle altre come in un imbuto, ricevono luce ed aria soltanto dalla porta. Le pareti in generale umidissime, nella più gran parte non hanno alcun rivestimento: veri covi trogloditi devono forse rassomigliare ad abitazioni salvagge di antichi progenitori di epoca anteriore alla nostra civiltà (...)»
«Atti della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulle condizioni dei contadini nell’Italia Meridionale e nella Sicilia» (1906-1909) pubblicato in Matera Storia della città, 2011 (pp.214-215)


Fondo fotografico Carlo Levi, Roma

In lista per le elezioni all’Assemblea Costituente c’erano oltre a Levi, Guido Dorso, Michele Cifarelli e Manlio Rossi Doria. «Ci rivolgevamo, per dirla con Levi, ai luigini e ai contadini e i notabili si unirono alle leghe dei contadini e agli artigiani dei quartieri popolari» come racconta Giovanni Russo, giornalista, scrittore, che nel 1946 giovanissimo incontra Levi in piazza 18 agosto a Potenza mentre aspettano che rientri dall’esilio Francesco Saverio Nitti.
La lista di Carlo Levi a Potenza riuscì ad ottenere 5.340 voti.



G. Russo, Fra luigini e contadini in Basilicata d’autore. Reportage narrativo e guida culturale del territorio, a cura di Mimmo Sammartino, *Manni 2017, pp. 189-194






«Questa è la breve, semplice storia dell’insurrezione di Matera, che gli italiani non conoscono.
Prima delle quattro giornate di Napoli, prima di ogni altro episodio della Resistenza, Matera si ribellò e corse alle armi, senza preparazione, senza organizzazione, spontaneamente.
Per quanto nel grande frastuono di una guerra questo episodio, che durò in tutto tre ore, possa sembrare piccolo e passare inavvertito e sia rimasto, in effetti, sconosciuto ai più, a me pare che il fatto che la prima battaglia della Resistenza italiana sia avvenuta proprio a Matera, nella chiusa capitale contadina, abbia un senso reale. Da queste grotte sotterranee, dal profondo della terra, partono le lunghe marce.»
«Era scoppiata, ancora una volta, nell’anima degli uomini qualche cosa che vi stava compresso e inespresso, ma prese una forma nuova, forse perché, per la prima volta, chi si rivoltava non era mosso dalla sola disperazione, ma dalla speranza.



Questo è il valore profondo di quella grande rivoluzione che fu la Resistenza Italiana, più vera per aver trovato qui, tra le argille e i tufi della terra contadina, il suo primo episodio.»
(Tratto da C. Levi: Tre ore di Matera, in «L’ IIlustrazione italiana», dicembre 1952)
Lotte nelle quali egli vedeva la manifestazione di quelle forme di “autonomia” della classe contadina, che costituivano, nel suo pensiero, l’unica via per risolvere l’arretratezza endemica del Mezzogiorno d’Italia.
E’ un messaggio di speranza in un futuro che pare si stia finalmente realizzando, che nasce da un moto di ribellione, consapevole che “si stava creando, una solidarietà nuova, una costruzione possibile e propria” che vedeva i contadini partecipi (e non passivi destinatari) di un processo di riscatto.



Vicenda politica, che si chiuderà con le elezioni del 1948, seguite all’entrata in vigore (31/12/1947) della Costituzione Italiana, e che Levi descriverà e pubblicherà ne “l’Orologio” /1950, insieme romanzo e resoconto politico della sostanziale “restaurazione politica” seguita alla caduta del Governo Parri, ed al conseguente esaurirsi delle illusioni riformiste più radicali, che erano state prefigurate quale esito politico della Resistenza.



«I Luigini hanno il numero, hanno lo Stato, la Chiesa, i Partiti, il linguaggio politico, l’Esercito, la Giustizia e le parole. I Contadini non hanno niente di tutto questo: non sanno neppure di esistere, di avere degli interessi comuni. Sono una grande forza che non si esprime, che non parla. Il problema è tutto qui!»



Si dà attuazione alla Riforma Agraria, e il 10 agosto 1950 nasce la Cassa del Mezzogiorno che, con i fondi del Piano Marshall, finanzia una radicale infrastrutturazione delle campagne meridionali.
Nel 1951, su impulso di Adriano Olivetti, viene istituita la “Commissione di studio della città e dell’agro di Matera”; e si dà inizio alla realizzazione del Borgo rurale de La Martella, anch’esso emblema della riorganizzazione socio-economica ed urbanistica della nuova “Comunità” contadina che Olivetti, con il suo movimento politico-culturale, perseguiva.



La genesi della legge risale a due anni prima, quando De Gasperi affida l’incarico di studiare un disegno di legge per il risanamento e lo sfollamento a Emilio Colombo, Sottosegretario al Ministero dell’Agricoltura, a seguito della sconvolgente visita effettuata a Matera il 23 luglio 1950.



Così il problema dei Sassi viene avviato a soluzione, con il trasferimento dei suoi contadini in Borghi e Quartieri della città moderna, di significativa qualità urbana, ma a prezzo di una diaspora socio-economica (declino dell’agricoltura a favore dell’impiego, precario, nell’edilizia, oltre il quale non c’è che l’emigrazione); e di una diaspora urbanistica e culturale (svuotamento dei Sassi, perdita d’identità).



Nuovi borghi si costruiscono fuori città: oltre a La Martella, Venusio e Picciano, mentre i Sassi pian piano vengono svuotati, diventando una città fantasma a margine di una nuova urbanizzazione.



«Chiunque veda Matera non può non restare colpito tanto è direttamente espressiva e toccante la sua dolente bellezza. Non è la miseria, informe e suicida, dei sobborghi della città, ma la miseria nobile e civile dei contadini, filtrata attraverso l’eterno del tempo, continuata sotto tutti i soli e tutte le piogge, ripiegata su sé stessa, chiusa nella terra, come una cosa preziosa di fronte a un mondo ostile. Quando la vidi, la prima volta (era il tempo del fascismo e la segregazione in cui vivevamo ci apriva gli occhi sulla eterna segregazione contadina) ne fui affascinato e commosso, e scrissi, descrivendola, le pagine più appassionate e più nere del mio libro Cristo si è fermato ad Eboli.»



«Gli italiani sanno dunque, ormai, e possono facilmente sapere, che cosa è Matera, e quali sono i suoi problemi, quante delle sue grotte siano del tutto inabitabili e quanto possono essere adattate e conservate, quale sia il reddito di ogni sua famiglia e la sua composizione, quanti i nati, i morti, i malati, i disoccupati, gli analfabeti; che cosa essi mangino e come dormano, a che distanza siano le terre che coltivano, e così via. E’ da sperare che la conoscenza porti all’azione e che quei duri problemi, malgrado le difficoltà e le ostilità, debbano essere risolti.»
(Tratto da C.Levi, Tre ore di Matera, «L’IIlustrazione italiana». dicembre 1952)



Quel Rocco Scotellaro, sindaco-poeta di Tricarico, venuto prematuramente a mancare nel dicembre ’53, che Levi aveva considerato tra i più attivi protagonisti del movimento di “rinascita” autonoma dei contadini del Sud: una perdita gravissima, per Levi e per tutto il movimento contadino.
Nel “telero”, Levi pone intorno alla salma di Rocco Scotellaro sul letto di morte, la madre di Rocco, sua madre Annetta, e donne piangenti con i loro scialli neri, insieme a Danilo Dolci, Manlio Rossi Doria, Umberto Saba, Carlo Muscetta, Michele Parrella e Rocco Mazzarone. Tutto intorno muli ed asini, donne e bambini, poi c’è la piazza dove Rocco parla ai contadini mentre dalla parte opposta contemplano la scena i personaggi della storia della Lucania e del Mezzogiorno: Zanardelli, Nitti, Fortunato, Dorso.



Contadini affascinati dal discorso di Rocco Scotellaro che con le sue parole “politiche” (ma anche poetiche), indica agli uomini il senso ed il valore dell’esistenza:
«Sempre nuova è l'alba
Non gridatemi più dentro
non soffiatemi in cuore
i vostri fiati caldi contadini.
Beviamoci insieme una tazza colma di vino
che all’ilare tempo della sera
s’acquieti il nostro vento disperato.
Spuntano ai pali ancora
le teste dei briganti, e la caverna –
l’oasi verde della triste speranza –
lindo conserva un guanciale di pietra…
Ma nei sentieri non si torna indietro.
Altre ali fuggiranno
dalle paglie della cova,
perché lungo il perire dei tempi
l’alba è nuova, è nuova.»
Rocco Scotellaro, Sempre nuova è l'alba.



E’ proprio nella sua attività parlamentare (componente della Commissione Istruzione pubblica e belle arti del Senato), Carlo Levi ha modo di tornare ad occuparsi della “sua” Matera, relazionando sul Disegno di Legge (poi Legge n.126/67) finalizzato ad ulteriori interventi per “completare” il risanamento dei Rioni Sassi di Matera, e per la loro “tutela storico-artistica”.
Si tratta di uno snodo fondamentale dei provvedimenti legislativi sul “risanamento-Sassi”, conseguenza dei rovinosi crolli che in quegli anni, nei Rioni Sassi, iniziano a manifestarsi.



Così Levi nella sua Relazione parlamentare:
«Questo complesso urbano, costituitosi attraverso millenni, ricco di chiese rupestri, di documenti storici e etnologici, è una realtà architettonica e urbanistica di valore unico e tale da rappresentare il più importante esempio di architettura popolare del nostro Paese. Il suo inestimabile valore deve essere tutelato e ripristinato: nessuna norma o iniziativa potrà essere considerata troppo difficile o onerosa a tale fine.»



«E cioè, poiché i Sassi devono essere salvati non tanto e non solo come oggetto di museo, ma come realtà urbanistica vivente (sia pure, come molti richiedono, in parte adibita ad una sorta di Museo abitato e vivo del costume e della storia contadina); poiché, se essi fossero deserti sarebbero in breve tempo distrutti e scomparirebbero nella decadenza e totale rovina; è necessario studiare le misure degli accorgimenti per renderli tali da poter essere totalmente o quasi totalmente abitati senza alternarne l’aspetto e il carattere.»



Si fa strada così l’esigenza di affrontare finalmente anche il tema della loro “tutela” come patrimonio urbano di valore storico. Tema delicatissimo, che avrebbe potuto portare alle soluzioni più disparate, dai diradamenti igienico-edilizi, alla museificazione del cosiddetto «foro romano della civiltà contadina» (definizione di Levi).



Il che induce il direttore della rivista “Basilicata” (Leonardo Sacco) ad organizzare un Convegno nel quale potessero confrontarsi architetti, urbanisti e personalità della cultura nazionale (da L. Piccinato a F. Giovenale, a M. Fabbri, a T. Giuralongo; e da G. Bassani allo stesso Levi.
Anche qui Carlo Levi assume un ruolo particolare, supportato da G. Bassani, allora presidente di Italia Nostra. Levi si carica pertanto della “responsabilità” (quasi) di aver provocato lo “svuotamento” dei Sassi ed il conseguenziale degrado strutturale ed ambientale; e porta a sintesi quanto esposto nella relazione in Senato, dando un taglio profetico, tracciando una linea incisiva, moderna e culturalmente aggiornata alla nuova strada di riqualificazione che si apriva per i Rioni Sassi; anzi, per il “Centro Storico Sassi”.
Queste le sue parole:
«Io allora, poichè devo dire mi ritengo un po’ responsabile per il fatto che questo problema l’ho trattato da moltissimi anni, e bene o male l’ho un po’ portato (anche senza volerlo) all’attenzione dell’opinione pubblica nazionale e internazionale con qualche pagina del mio libro “Cristo si è fermato a Eboli”»



“L’importanza architettonica, urbanistica e storica del Sasso di Matera è paragonabile a quello che, in un campo totalmente diverso, è il Canal Grande di Venezia.
In fondo, l’importanza storico-culturale del Sasso di Matera non è inferiore, per quanto riguarda l’architettura popolare e le sue forme originali, la stratificazione storica ed il valore anche estetico attuale. I Sassi di Matera non sono un complesso di minore importanza delle cose più celebrate e più importanti che esistano nel nostro Paese, in Europa, o nel mondo.
Quindi il problema del Sasso va considerato fuori dall’ambiente degli interessi cittadini, e neanche provinciali o regionali, ma è un problema di carattere universale.»



(tratto dall’intervento di Carlo Levi al Convegno : «I Sassi di Matera, patrimonio nazionale da conservare e tutelare» - Rivista «Basilicata» nn.10-12, 1967).
Il Concorso è bandito nel 1974 e ha raccolto una serie di proposte progettuali con soluzioni innovative e proposte per il restauro e la sistemazione dei Sassi.



«Caro Esposito,
eccoci alla fine del lungo lavoro, a cui non mi sarei accinto senza la tua affettuosa e paziente sollecitazione.
Face che ha da turnà: ma tornare in quel mondo, rimmergersi come in un mare di terra, rispuntarvi come un germoglio, è, anche per chi ne faceva parte, o lo coltiva per sempre dentro di se, un grande viaggio, il più lungo possibile, quello che non porta tanto in un luogo determinato, ma nel profondo interno di ciascuno, se è vero come fu detto, sotto tutti i cieli, di tutti i continenti “ Lucania is within us”, la Lucania è dentro di noi, come una condizione, una categoria.»






Era una persona che amava parlare e quando lo faceva incantava tutti; con la gente lucana (e non solo) è stata sempre generosa...»
Francesco Esposito in: Carlo Levi raccontato da Francesco Esposito



Parole profetiche, che colgono i fermenti di rinnovamento che, caratterizzavano le vicende della città dei Sassi, e dell’intero Mezzogiorno d’Italia, e che tracciano un percorso che la città saprà, negli anni e decenni seguenti, imboccare e seguire, in forme autonome ed inedite allo stesso tempo.



Una riconquista che ha raggiunto livelli, inimmaginabili nei duri anni del dopoguerra, quando il processo di “riscatto” si è avviato, trovando collocazione nella “Lista del Patrimonio Mondiale” UNESCO prima (1993), e nella designazione a “Capitale Europea della Cultura” / 2019, poi.
«Matera, la città dei Sassi - che, nell’immediato dopoguerra, teneva insieme la sua struggente bellezza e condizioni di estrema povertà - la stessa Matera è la realtà che l’Italia offre, oggi, all’Europa per mostrare come la propria storia, anche la più antica, possa aiutarci ad aprire le porte di un domani migliore».



L’intervento viene registrato, con un registratore a nastro «Geloso», da Domenico Notarangelo, suo amico e allievo, allora segretario del PCI di Matera. E viene successivamente «sceneggiato» con immagini nel documentario:
CARLO LEVI – IL MIELE DI LUCANIA
Si tratta di uno straordinario compendio, raccontato dal suo stesso protagonista, dell’esperienza vissuta in Basilicata da Levi dopo gli anni del Confino, che ne segnarono profondamente la vita personale, culturale, artistica e politica.
Un documento straordinario, che chiude compiutamente la nostra «Mostra Virtuale»

Testimonianze di 30 anni di impegno culturale e politico (1945 – 1974)
Questa Mostra/Racconto vuole mettere in luce il particolare rapporto culturale e politico che Levi ha avuto con Matera, una città che ha vissuto, dal secondo dopoguerra del ‘900, uno straordinario processo di rivalutazione culturale, e di crescita civile, socio-economica, urbana.
Processo avviato, nel 1945, proprio da Carlo Levi con il suo “Cristo si è fermato a Eboli”; un testo scritto nel rifugio fiorentino di Piazza Pitti (ospite di Anna Maria Ichino) tra il ’43 e ’44, e pubblicato da Einaudi nel ’45, quando erano ancora fumanti le macerie di quell’atroce conflitto.
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Testo: Lorenzo Rota
Past-president Centro Carlo Levi Matera
Immagini:
– Fondo fotografico Carlo Levi, Roma; volume Matera. Storia di una città di L. Rota, 2011, Edizioni Giannatelli; Rivista Basilicata n.10-12/1967 a cura di L. Sacco
– Catalogo della mostra “L’Arte della Politica – Disegni 1947/48” – Centro Carlo Levi Matera, 2019
Opere di Carlo Levi: Fondazione Carlo Levi, Roma; Centro Carlo Levi, Matera; collezioni private
Progetto: Daniela Fonti, Antonella Lavorgna, Lorenzo Rota
Allestimento: Antonella Lavorgna, Lorenzo Rota
Si ringrazia per la costante collaborazione l’erede di Carlo Levi.
Il progetto rientra nelle attività realizzate grazie al contributo concesso dalla Direzione generale Educazione, ricerca e istituti culturali del Ministero della cultura.